La Storia
I mulini sono stati le prime macchine a sfruttare l’energia dell’acqua, essi rappresentano un punto fermo nell’economia della pianura lombarda, e fin dal Medioevo vennero utilizzati per lo sfruttamento dell’energia. La loro importanza era tale che Federico II nel 1245, per poter conquistare Milano, distrusse Casterno e i suoi molini, per impedire i rifornimenti alimentari. I mugnai furono anche promotori di atti ostili nei riguardi del nuovo governo italiano che nel 1868 per portare in pareggio il bilancio introdusse la tassa sul macinato, che prevedeva una tariffa di 2 lire per ogni quintale di grano portato a macinare, di 1 lira per il granturco e la segale e di 1,20 lire per gli altri cereali. La tassa sul macinato sarà poi abolita nel 1884.

I mulini di Casterno
La presenza del Naviglio Grande come via navigabile per il trasporto delle merci ha incentivato nei secolo la funzione produttiva e commerciale dei territori ad esso limitrofi. Questo, collegato anche all’abbondanza di acque fluenti e regolate attraverso il complesso sistema di canali e rogge, ha favorito, nel territorio di Robecco e zone limitrofe, lo sviluppo dell’attività molitoria.

L’attività dei molini di Casterno durerà fino agli inizi del XX secolo. Sui mulini e sulla vita di chi per una vita ci ha lavorato interessanti sono le testimonianze qui raccolte

Attualmente la maggior parte dei mulini è in disuso o poco utilizzata. Un tempo, raccontano i Bianchi, di primo mattino andavano per cascine a raccogliere il grano da macinare e a sera riportavano i sacchi colmi di soffice farina ai rispettivi contadini. Nell’ambito del territorio comunale di Robecco, oltre al mulino Pietrasanta, anche il mulino Ceriani viene alimentato dalla Roggia Guadate, mentre il mulino Marchesonia per mezzo della Roggia Remarcia; infine il mulino Albani lungo la Roggia Verga e Mulino Santa Marta sul cavo Monegata. Quest’ultimo perfettamente restaurato anche se non funzionante è visibile presso l’Agriturismo S.Marta. Abbiamo poi la ruota da mulino del Cascinello Visconta, in passato presumibilmente destinato solo all’uso privato)

Situato nella parte est della vallata se ne hanno notizie certe dal 1489, in quanto è citato in un atto pubblico tra i beni della famiglia Casati e compare nel 1827, con il nome di “Molino Casati”.

Il Molino è posto lungo il corso della Roggia Vergo, uno dei fontanili che attraversano la zona.

Le mura perimetrali pare siano antecedenti a tutto il restante complesso. L’aspetto attuale del complesso è stato dato nell’Ottocento, per opera della famiglia Albani, la quale intervenne per proteggere la ruota esterna con la realizzazione di una tettoia con tegole.

Una delle ruote utilizzate nel mulino attualmente è conservata presso la Villa Gromo di Ternengo a Robecco.

Si trova al confine sud-ovest del nucleo abitato di Carpenzago. In alcuni documenti risalenti al 1551 e al 1603 viene citato un mulino adiacente alla roggia Guadalle. Altre fonti invece riportano la costruzione del mulino solamente nell’Ottocento.

Oggi in condizioni precarie, essendo in gran parte diroccato. La ruota ad acqua è in disuso da prima degli anni novanta, e tutto l’edificio appare da tempo trascurato.

E’ situata nella vallata, quindi a Ovest rispetto al centro abitato di Robecco. Rispetto alla vallata è situata nella parte a nord, prima della Cascina Marchesonia e vi si accede dalla strada che porta da Casterno a Carpenzago.

Secondo alcune fonti il mulino risalirebbe al Trecento, per via di alcuni affreschi risalenti a questa epoca, che tuttavia ora si sono persi, secondo altre fonti invece è presente almeno dal 1607. Si hanno infatti notizie certe in questa data, dell’appartenenza del complesso alla famiglia Marchesoni, da cui prende il nome e Giovanni Antonio Marchesoni risulta esserne il legittimo proprietario da un atto notarile risalente al 1607. Nell’800 era sicuramente già in funzione, ed era il principale mulino della zona.

Alimentato dalla Roggia Remarcia è chiamato anche “mulino della forza” perchè verso la fine del XIX secolo il proprietario vi progettò un sistema per generare energia elettrica, sfruttando l’energia idraulica prodotta dalla ruota del mulino.

E’ l’unico mulino della zona a non aver avuto nel corso dei secoli modifiche strutturali di una certa rilevanza. Tutto il complesso è stato restaurato recentemente, compresa la ruota del mulino, la quale versa in un ottimo stato.

Colloca a sud-ovest del nucleo abitato di Carpenzago alla confluenza della roggia Guastalle e Verga, il molino di Pietrasanta è tra i più antichi del territorio dell’Abbiatense il mulino risale almeno all’inizio del quattrocento come testimonia la data 1404 sull’affresco che fino a pochi decenni fa era su un muro dell’edificio raffigurante la Madonna col Bambino a fianco di S. Sebastiano. Ora l’affresco è conservato nella chiesa di Carpenzago, sul muro del Mulino è rimasta la “sinopia”.

In mulino in origine era di proprietà dei frati ed era chiamato: “Molinetto dei Frati dell’Opera Pia Di Falco”. Successivamente divenne di proprietà della famiglia Pietrasanta.

Funzionante fino a qualche decennio fa, esso conserva le due ruote ad acqua di dimensioni diverse . Esse muovevano tre paia di mole, due utilizzate per la mistura del miglio e della segale, una per il frumento.

Nel ‘700 appare come: “casa per molino d’affitto detto di S. Marta d’un sol rodigno con pila di quattro pistoni al numero 329, con orto” di proprietà del Conte Biglia Vitagliano.

Il mulino è alimentato dalla roggia Monegatta, originata dalla risorgiva adiacente ad una cappella dedicata a Santa Marta, da cui prende il nome anche il mulino.

Fino a pochi anni fa era caduto completamente in disuso e il mulino era stato trasformato in cascina, essendo inoltre stata tolta la ruota originaria. Attualmente invece la situazione è profondamente cambiata. Resta invariata solamente la conformazione del complesso ma cambiano le destinazioni d’uso e tutti gli edifici subiscono un importante restauro. Tutto il complesso viene infatti trasformato in un agriturismo di pregevole fattura. Il mulino è funzionante e al suo interno si sono conservati la ruota originale, gli ingranaggi in legno, la macina in pietra e gli strumenti utilizzati in passato per il funzionamento del complesso.

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